Trento, la sciabolata e il silenzio: morte di un indagato scomodo
Un corpo, un'inchiesta, una città sotto shock. E la consueta rassegna stampa.
Il 10 giugno 2025, poco dopo le 13:30, Donatella rientra in casa con in braccio una bambina piccola. Trova la porta chiusa dall’interno. Dentro, Alessio Agostini, 42 anni, è già morto. I sanitari tenteranno per quaranta minuti di rianimarlo. Nessun segno di vita. Nessuna lettera. Solo silenzio.
Alessio era agli arresti domiciliari in via Suffragio, nel cuore di Trento, al centro della maxi inchiesta “Sciabolata”, una delle operazioni giudiziarie più vaste e imbarazzanti che abbiano mai sfiorato, da vicino, la politica e le società partecipate della Provincia autonoma. Era figlio di Claudio Agostini, imprenditore alberghiero noto ad Andalo, e fratello di Gabriele, influencer del lusso e anch’egli coinvolto. Tutti e tre indagati. Alessio era l’uomo d’ordine, il frontman sobrio dietro il glamour esibito da Gabriele. Quello dei bilanci e delle carte.
La “sciabolata” social e l’accusa di sistema
Il nome dell’inchiesta – “Sciabolata” – viene da lì, da un gesto di Gabriele: stappare bottiglie di spumante con una sciabola sui tetti degli hotel. Video virali, orologi da decine di migliaia di euro, supercar, festini, lingotti d’oro, immobili e polizze assicurative. Dietro l’ostentazione, però, secondo la Guardia di Finanza e la Procura di Trento, si celava un’organizzazione per il traffico di cocaina, il riciclaggio dei proventi illeciti, il trasferimento fraudolento di valori e – ed è qui che tutto cambia di peso – la corruzione nella gestione del patrimonio pubblico.
Il fulcro: il bando per la gestione del Grand Hotel Imperial di Levico Terme, dove secondo gli inquirenti esponenti della società partecipata “Patrimonio del Trentino” – tra cui l’ex presidente Andrea Villotti – avrebbero favorito capitali riconducibili agli Agostini. Il reato contestato è turbativa d’asta. Gli indagati, settanta in tutto. Le misure cautelari, trentasette. I sequestri, dodici milioni di euro. L’inchiesta non è una storia di locali e pusher: è il cuore del potere economico e relazionale del Trentino che traballa.
Chi era Alessio Agostini
Alessio non era accusato di traffico di droga. Le ipotesi contro di lui riguardavano il trasferimento fraudolento di valori e la corruzione, nello specifico il capitolo Levico. A fine maggio il Riesame aveva attenuato le misure: arresti domiciliari. Era lui a gestire l’Hi Hotel di Trento, la pizzeria Green Tower, e – secondo gli inquirenti – a prestare il volto pulito nelle operazioni della galassia familiare.
Riservato, lontano dai riflettori, non aveva l’atteggiamento da protagonista delle cronache social. Era, per usare le parole di chi lo conosceva, “l’uomo degli affari”, quello che firmava i contratti e incontrava i fornitori. Era anche padre: una bambina nata da poco.
L’ipotesi di un suicidio e le domande inevase
La morte è avvolta da dubbi. Gli investigatori propendono per l’ipotesi di un gesto estremo, ma le cause sono ancora ufficialmente in fase di accertamento. Nessun biglietto. Nessuna conferma. Solo una porta chiusa dall’interno e un uomo solo in casa.
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