Quando spegni la scienza, muoiono le persone: la strage in Texas
La piena in Texas ha ucciso 82 persone. Ma a mancare non è stata la pioggia: è stata la capacità di prevederla in tempo.
Ottantadue morti. Di cui sessantotto solo nella contea di Kerr. Ventotto erano bambini e bambine, inghiottiti da un fiume che si è sollevato in piena notte, mentre dormivano in un campo estivo. Le sorelle Blair e Brooke Harber sono state ritrovate mano nella mano, come a difendersi da un mondo che non le ha difese. I meteorologi parlano di “flood flash”, di picchi storici del fiume Guadalupe, di 12 pollici di pioggia in meno di 24 ore. Ma quello che è mancato non è la terminologia. È mancato l’allarme, la previsione ad alta risoluzione, la capacità di vedere nel buio prima che la piena diventasse lutto. È mancato tutto ciò che la politica sta dismettendo pezzo per pezzo, in nome del risparmio, della retorica della semplificazione, del disprezzo per chi studia. E intanto i soccorritori scavano tra il fango. E i nomi dei dispersi diventano necrologi scritti in ritardo.
Gli occhi nel buio
Per vent’anni abbiamo avuto “gli occhi nel buio”. La tecnologia SSMIS – un sensore satellitare sviluppato per il Dipartimento della Difesa – riusciva a penetrare le nubi più dense, restituendo immagini tridimensionali ad alta risoluzione delle strutture interne degli uragani. Una specie di radiografia meteorologica, indispensabile per capire se una tempesta sta per intensificarsi, dove colpirà, quanto velocemente diventerà distruttiva. Ora non c’è più.
Da luglio 2025, il Pentagono ha interrotto la distribuzione dei dati generati da quel sensore, nonostante il satellite che li raccoglie continui a orbitare perfettamente funzionante.
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