Piccola guida sui dazi Usa
La nuova guerra commerciale americana spiegata punto per punto: obiettivi, effetti, reazioni. E la consueta rassegna stampa
Il 2 aprile 2025 sarà ricordato come la data che ha segnato la svolta più radicale della politica commerciale statunitense dal secondo dopoguerra. Donald Trump, nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, ha annunciato tariffe doganali minime del 10% su tutte le importazioni e dazi specifici del 20% verso l’Unione europea e del 34% verso la Cina. Una mossa che, nelle sue intenzioni, inaugura una nuova era di “reciprocità”, ma che nei fatti ha già scatenato turbolenze geopolitiche, crolli finanziari e allarmi sistemici su scala globale.
Una visione del mondo ferma all’Ottocento
Trump continua a citare William McKinley, presidente statunitense di fine Ottocento, come ispirazione per la sua politica commerciale. Una visione nostalgica, che ignora volutamente la complessità delle catene globali del valore. L’obiettivo dichiarato è attrarre investimenti, riportare la produzione in patria, ridurre il deficit commerciale e finanziare un taglio fiscale permanente: i dazi diventano, in questa logica, una fonte alternativa di gettito fiscale.
Ma a quale prezzo? L’impatto sarà doppio. Internamente, si prevede un forte aumento dei prezzi per i consumatori statunitensi. Esternamente, si innesca una reazione a catena da parte dei principali partner commerciali, a partire dall’Unione europea.
L’Europa nella tempesta
La risposta europea è affidata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen: “Siamo nella tempesta. I dazi provocheranno conseguenze disastrose per milioni di persone, faranno aumentare i costi dei farmaci, dei trasporti, delle bollette. Colpiranno imprese grandi e piccole, consumatori e lavoratori”. Von der Leyen ha annunciato contromisure su acciaio, farmaceutica, automotive e agri-food, con l’obiettivo di proteggere un mercato interno da 450 milioni di consumatori.
Sergio Mattarella ha definito i dazi un “errore profondo”, richiamando a una risposta “compatta, serena e determinata” da parte dell’Ue. In Italia, Giorgia Meloni ha parlato di “misura sbagliata che non conviene a nessuno”, ma ha evitato toni duri: “Faremo di tutto per scongiurare una guerra commerciale che indebolirebbe l’Occidente a vantaggio di altri attori globali”. Più diretto Antonio Tajani: “Non siamo in guerra, ma se dobbiamo reagire lo faremo. È l’ultima ratio”.
L’impatto sull’Italia: agroalimentare e automotive sotto assedio
Il mercato statunitense è il secondo per l’export italiano, con una crescita del 17% nel 2024. I settori più colpiti saranno quello agroalimentare – Parmigiano Reggiano, prosecco, olio d’oliva, pasta – e quello automobilistico. Per le eccellenze italiane, i nuovi dazi si tradurranno in un aumento dei prezzi che potrebbe escluderle dagli scaffali, rendendole prodotti per élite.
Anche la farmaceutica è a rischio: l’Italia è tra i principali produttori europei di principi attivi e farmaci destinati al mercato statunitense. Se le barriere colpiranno questi beni, a pagare saranno anche i pazienti americani.
Il rischio, per le imprese italiane, è duplice: perdita di quote di mercato e rallentamento degli investimenti, in un contesto globale già segnato dalla frammentazione.
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