Mio padre, gli antibiotici e il conto alla rovescia del 2050
Silenzi privati e una crisi pubblica che rischia di diventare la prima causa di morte in Italia
L’8 giugno di due anni fa moriva mio padre. La data non la ricordavo, l’ho dimenticata poche settimane dopo. Cancellata, rimossa, rifiutata. Per controllare in che data è morto ho inserito il suo nome su Google, chiedendo a un servizio esterno che non mi potesse giudicare.
Non so bene di cosa sia morto mio padre. Non stava bene, certo, da anni. Però era quella condizione di salute incerta che in combutta con la tua vigliaccheria ti convince che potrebbe durare per sempre. Non c’è niente di più ingannevole della caducità.
Quello che abbiamo capito, in quelle ultime ore convulse in cui ho fatto i conti con le parole sempre rinviate che avrei voluto dire, è che un batterio l’ha infestato. «Infezione dappertutto», mi ha detto una dottoressa al telefono chiedendomi di apparecchiarmi al lutto. Nient’altro. Forse c’entrava il fatto che fosse spesso in ospedale per la dialisi, mi hanno detto. Morto d’ospedale, ho pensato. Poi è arrivata la morte e chiedere ancora…
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