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Maschi, Vox e nostalgia: la Spagna è il laboratorio dell’Europa patriarcale
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Maschi, Vox e nostalgia: la Spagna è il laboratorio dell’Europa patriarcale

Tra i giovani spagnoli cresce l’adesione all’estrema destra e il rifiuto del femminismo: nostalgia autoritaria e odio verso le donne come linguaggio politico comune. E poi la consueta rassegna stampa

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Giulio Cavalli
apr 04, 2025
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La Spagna è oggi il laboratorio più avanzato dell’antifemminismo europeo. In un contesto politico segnato dalla crescita dell’estrema destra e dal discredito delle istituzioni democratiche tra le giovani generazioni, l’odio verso le donne diventa un vettore ideologico potente e trasversale. È lì, nei licei e nei gruppi WhatsApp, che prende forma una nuova identità reazionaria che salda il disprezzo per il femminismo con la nostalgia per l’ordine patriarcale e autoritario. Non è una deriva spontanea: è una mutazione culturale che riguarda l’intero continente. Ma è in Spagna che si manifesta con la maggiore nitidezza. Un dato su tutti: il 36% degli uomini spagnoli tra i 18 e i 28 anni voterebbe Vox. Non Vox in astratto, ma Vox in quanto partito dichiaratamente nostalgico del franchismo, anti-femminista, anti-immigrazione, anti-diritti. Lo farebbe oggi, dopo mezzo secolo di democrazia. Lo farebbe, nonostante – o forse proprio per – il fatto che della dittatura non sa nulla.

In Spagna, tra i più giovani, si fa largo una corrente che mischia ignoranza storica, risentimento identitario e attrazione per l’autoritarismo. Il tutto ben confezionato dentro un’estetica digitale che parla il linguaggio dei meme, delle reaction e delle live su Twitch. Il franchismo torna come parodia ma resta, nei suoi effetti, esattamente se stesso: un ordine simbolico in cui le donne stanno al loro posto, le minoranze devono farsi da parte e la virilità è una religione. Si disegna Franco nelle scuole non per provocare, ma per aderire a un’identità. E i ragazzi che lo fanno sono sempre di più.

La fabbrica del maschilismo

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Il dato emerge in modo inequivocabile nei laboratori dello psicologo Jesús Moreno, che lavora con la Fundación Iniciativa Social. Nei suoi workshop sulla mascolinità, i disegni degli adolescenti non raffigurano più solo uomini armati, tatuati, immersi nel cliché da gangsta urbano. Accanto a pistole e auto di lusso, ora compaiono simboli nazionalisti, svastiche, bandiere franchiste. E slogan inequivocabili: “Vota Franco”.

A prima vista potrebbe sembrare folklore reazionario. Ma c’è poco da ridere. I ragazzi non conoscono la dittatura, ma la evocano. Non hanno mai vissuto sotto un regime, ma lo invocano. È la nostalgia del potere in quanto tale. Il fascino della gerarchia, del comando, della presunta protezione. È qui che l’ultradestra trova terreno fertile: dove manca la memoria, fiorisce il mito.

La scuola non basta. Lo dice chiaramente Alicia López, docente di filosofia ed etica, che osserva ogni giorno il linguaggio dei suoi studenti maschi diventare più rozzo, più reazionario, più aggressivo. Il bersaglio è sempre lo stesso: le donne, le persone migranti, chiunque rivendichi uno spazio. E quando un’insegnante richiama un ragazzo, la risposta è automatica: “Perché non dici nulla alle femmine?”. La retorica della vittima, ormai, è parte del kit identitario della destra estrema.

Il fenomeno, tuttavia, non è né esclusivamente scolastico né limitato alla Spagna. A preoccuparsi sono anche le università. Un’indagine dell’Institut de Ciències Polítiques i Socials di Barcellona fotografa con precisione la svolta: solo il 29% dei maschi sotto i 25 anni considera importante vivere in una democrazia, mentre un 16% dichiara di preferire un regime autoritario. L’81,7% degli intervistati considera l’estrema destra una minaccia concreta alla democrazia, ma i più giovani maschi ne sono attratti. È la contraddizione più evidente del nostro tempo: la minaccia viene accolta da chi dovrebbe combatterla.

Manosfera: la propaganda che funziona

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Intanto, il consenso verso il femminismo crolla. Secondo i dati raccolti, il sostegno al femminismo tra i giovani uomini catalani è sceso di quasi 18 punti in un solo anno. La frattura generazionale e di genere è netta: mentre le ragazze continuano a sostenere i movimenti per l’uguaglianza, i maschi si allontanano. Spesso, apertamente.

A chiarire i contorni del fenomeno è Maria Freixanet, sociologa e responsabile delle ricerche sull’influenza digitale presso l’Institut de Ciències Polítiques i Socials di Barcellona. I suoi studi registrano un crollo verticale del sostegno al femminismo tra i giovani uomini: solo un anno fa, il 57,7% dei catalani sotto i 25 anni si dichiarava favorevole. Oggi sono il 40%. Un calo di quasi 18 punti percentuali in dodici mesi, che rende evidente la forza di penetrazione dell’ideologia reazionaria.

Freixanet individua la principale matrice di questo cambiamento nella manosfera – termine che indica un ecosistema online composto da forum, influencer, canali YouTube, gruppi Telegram e pagine social – che costituisce oggi il più grande archivio di contenuti antifemministi al mondo. Non si tratta di un movimento coeso, ma di una galassia ideologica informale, in cui si mescolano misoginia, darwinismo sociale, autoritarismo e rancore di classe. È lo spazio in cui si saldano i discorsi

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