La cittadinanza non è un regalo: è un diritto negato
Una riforma minima per dire basta all’ipocrisia: il “sì” al referendum restituisce dignità a chi è italiano da sempre, ma solo di fatto. E la consueta rassegna stampa.
L’8 e 9 giugno 2025, i cittadini italiani saranno chiamati a decidere se ridurre da dieci a cinque anni il requisito di residenza per ottenere la cittadinanza italiana per gli stranieri extracomunitari. Una riforma minima, una reazione massima. Il referendum ha già mostrato quanto il dibattito pubblico sia intossicato da ideologia e disinformazione.
Una modifica parziale, un impatto concreto
Il quesito referendario è lineare: propone di dimezzare il tempo minimo di residenza legale richiesto per avviare la procedura di naturalizzazione. Nulla più. Non introduce automatismi, non concede cittadinanze d’ufficio, non abolisce controlli sui precedenti penali, non cancella la necessità di documentare stabilità economica o conoscenza della lingua.
La procedura rimane lunga – fino a 36 mesi – e selettiva. Cambia solo un parametro: il tempo. Oggi, per un cittadino extracomunitario, servono dieci anni di residenza legale ininterrotta. Con il sì, basteranno cinque. Parliamo di persone già integrate…
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