Il salto della barricata: Sbarra, la CISL e il tradimento della pedagogia del dissenso
La nomina di Luigi Sbarra nel governo Meloni smaschera un processo più ampio: la resa dei sindacati alla logica del potere e il disarmo della rappresentanza dei lavoratori.
Il 12 giugno 2025 Luigi Sbarra, già segretario generale della CISL, è stato nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Sud da Giorgia Meloni. È il primo ex leader della CISL a entrare in un governo di destra. Ma non è questo il solo elemento inedito: la nomina arriva pochi mesi dopo il suo pensionamento sindacale e appena quattro giorni dopo il fallimento dei referendum promossi anche dalla CGIL sui diritti del lavoro e sulla cittadinanza. L’effetto è quello di una saldatura definitiva tra sindacato moderato e potere esecutivo.
Le opposizioni parlamentari hanno letto la nomina come un “premio fedeltà”. Chiara Appendino ha parlato di «connivenza con un governo che sta triturando i diritti dei lavoratori»; Arturo Scotto ha ricondotto la scelta alla posizione contraria al salario minimo. Franco Mari, di Alleanza Verdi-Sinistra, ha riassunto: «Un incarico in perfetta continuità con il ruolo di sostegno al governo Meloni avuto finora».
La "morbidezza" di Sbarra: un curriculum allineato
La linea politica di Sbarra alla guida della CISL ha spianato la strada a Palazzo Chigi. Durante il suo mandato, si è distinto per la sistematica opposizione al salario minimo legale, giudicato «inutile» e contrario alla contrattazione collettiva. Una posizione che ha coinciso con le tesi del governo Meloni e che ha segnato un netto distacco dalla CGIL e dalla UIL.
Nel novembre 2024, mentre CGIL e UIL proclamavano lo sciopero generale contro la legge di bilancio giudicata iniqua, la CISL si è sfilata. Sbarra ha parlato di "scelte responsabili" e ha rifiutato la logica conflittuale, esprimendo invece “apprezzamento per i contenuti della manovra”. Anche sulla legge per la partecipazione dei lavoratori agli utili – proposta sbandierata dalla CISL – la coincidenza con le priorità del governo Meloni e la presenza della premier all’assemblea nazionale del sindacato hanno rafforzato l’impressione di una vicinanza strategica e personale.
Sbarra ha inoltre attaccato il segretario della CGIL Landini, definendo la sua cultura sindacale «populista e benaltrista», mentre rivendicava per sé un approccio “dialogante” e istituzionale. Il risultato è stato una spaccatura evidente
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