Diario di bordo - di Giulio Cavalli

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Il lavoro culturale è vivo, ma affamato
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Il lavoro culturale è vivo, ma affamato

Un milione e mezzo di professionisti, 104 miliardi di euro generati. Ma stipendi da fame, precarietà cronica e disprezzo istituzionale li relegano ai margini.

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Giulio Cavalli
giu 18, 2025
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In Italia la cultura crea ricchezza. Secondo la Fondazione Symbola, nel 2023 il settore culturale e creativo ha generato 104,3 miliardi di euro, pari a circa il 5% del PIL, impiegando oltre 1,5 milioni di persone. Eppure, chi questa ricchezza la produce vive nella marginalità economica. La metà dei lavoratori culturali italiani guadagna meno di 10.000 euro l’anno, con picchi di povertà che sfiorano i 7.500 euro annui per molti profili professionali altamente specializzati.

Il settore occupa il 3,5% della forza lavoro, ma è tra i più precari d’Europa. Il 69% guadagna meno di 8 euro lordi all’ora. Le guide turistiche del Duomo di Firenze, laureate e multilingue, percepiscono tra gli 800 e i 1.100 euro al mese. Nei teatri si lavora spesso a chiamata, con contratti “di scrittura” usati impropriamente per ruoli continuativi, eludendo contributi e tutele.

Contratti fantasiosi, paghe indegne

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Il degrado non è un effetto collaterale ma un sistema. La Legge Ronchey del 1993 ha legalizzato l’esternalizzazione dei servizi museali e archeologici. Il risultato: solo il 22% del personale nei musei è pubblico. Gli altri sono assunti tramite cooperative con contratti multiservizi pensati per pulizie e facchinaggio, pagati 6 euro lordi all’ora, privi di TFR, ferie, malattia. Chi svolge le stesse mansioni, nello stesso luogo, riceve trattamenti radicalmente diversi in base al tipo di contratto.

I dati INPS del 2023 parlano chiaro: un lavoratore dello spettacolo ha percepito in media 10.664 euro lordi l’anno. Un attore, 11.749 euro se uomo, 9.199 se donna. Un restauratore, con anni di formazione specialistica, può arrivare a 1.570 euro lordi mensili. Un bibliotecario, spesso laureato e incaricato di mansioni amministrative complesse, guadagna meno di 8 euro l’ora.

Il confronto con l’Europa: la solitudine italiana

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Nel resto d’Europa la cultura è considerata un lavoro.

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