Il genio silenzioso che progettò l’apocalisse e poi tentò di impedirla
La storia di Richard Garwin, lo scienziato che ideò la bomba all’idrogeno a 23 anni e passò il resto della vita a combatterne la minaccia. E la consueta rassegna stampa.
Nell’autunno del 1954, mentre Enrico Fermi affrontava i suoi ultimi giorni, ricevette la visita di un giovane fisico che aveva formato e stimato come nessun altro: Richard Garwin, “l’unico vero genio che abbia mai incontrato”, secondo il premio Nobel. Aveva solo 23 anni quando, nel segreto più assoluto, progettò la prima bomba all’idrogeno, un ordigno capace di sprigionare un’energia mille volte superiore a quella che rase al suolo Hiroshima. Nessuno lo sapeva, nemmeno la sua famiglia.
Garwin morì a 97 anni, portando con sé il paradosso di una vita vissuta nell’ombra per nascondere un ruolo chiave nell’era nucleare, e al tempo stesso passata a tentare di disinnescare la minaccia che aveva contribuito a creare. La sua storia, raccontata in un lungo ritratto pubblicato dal New York Times, è quella di un uomo che influenzò tredici presidenti americani senza mai comparire in una fotografia ufficiale accanto a loro.
L’inventore invisibile
Nato nel 1928 a Cleveland, figlio di un insegnante di elettronica, Garwin mostrò fin da piccolo un talento prodigioso. A 19 anni si laureò in fisica, a 21 ottenne il dottorato all’Università di Chicago, dove fu allievo di Fermi. Quando nel 1950 Truman annunciò la corsa alla superbomba, Fermi lo convocò a Los Alamos. Lì, Garwin tradusse in uno schema tecnico preciso l’idea teorica di Edward Teller e Stanislaw Ulam: un’esplosione atomica che innesca una reazione di fusione nucleare. Il risultato, testato con l’esperimento Ivy Mike nel 1952, fu devastante: l’intera isola di Elugelab fu vaporizzata.
Garwin, allora giovane assistente universitario, non ricevette né meriti né condanne. Nessun riconoscimento ufficiale, nessuna intervista. Per 50 anni il suo ruolo rimase coperto dal segreto.
L’eredità del silenzio
Quel segreto, secondo lo stesso Garwin, non fu dettato da vergogna o timore del giudizio pubblico, ma dalla prudenza. Temendo che familiari ignari potessero rivelare dettagli sensibili a orecchie sbagliate, scelse di non parlare. Il riconoscimento pubblico arrivò solo nel 2001, quando una registrazione dimenticata di Teller lo identificò senza ambiguità come l’autore del progetto. “Quella fu la prima volta in cui molti capirono davvero chi era Dick”, disse la moglie Lois.
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