Contro l’apatia che il governo alimenta: perché il referendum serve
I referendum hanno sfidato chiese, apartheid e discriminazioni. L’8-9 giugno tocca all’Italia scegliere chi vuole essere. E poi la consueta rassegna stampa.
L’8 e 9 giugno l’Italia torna al voto referendario. Cinque quesiti: quattro sui diritti del lavoro, uno sulla cittadinanza. Il governo, impegnato a svuotare il dibattito, a nascondere i contenuti dietro la nebbia dell’indifferenza e a minimizzare il valore democratico dello strumento, spera in un’Italia astensionista, apatica, che dimentichi la sua storia. Ma proprio la storia insegna che sono stati i referendum, spesso, a rompere le catene che la politica non voleva spezzare.
Quando l’Italia scelse di diventare moderna: il divorzio e l’autonomia individuale
Nel 1974, l’Italia si scoprì capace di sfidare se stessa. Si votava per decidere se mantenere o abrogare la legge 898/1970 che introduceva il divorzio. La Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano portarono al voto il dogma cattolico e la difesa della "famiglia tradizionale". Dall’altra parte, il fronte laico e progressista, con Partito Socialista, Partito Comunista e Partito Radicale, parlava di autonomia individuale, di…
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