Cinque poliziotti, zero reati: cronaca di una sorveglianza illegale

Agenti sotto copertura nei movimenti politici legali: il caso Potere al Popolo svela una zona grigia che minaccia la democrazia italiana.

Quando la democrazia viene osservata con occhi nascosti

Nel maggio 2025, un giovane poliziotto infiltrato viene smascherato a Napoli: fingeva di essere uno studente fuorisede, partecipava ai cortei contro gli sfratti e sventolava bandiere del Primo Maggio accanto ai militanti di Potere al Popolo. È il primo nome a emergere, ma non l’unico. L’inchiesta condotta da Fanpage scopre almeno cinque agenti sotto copertura, operativi a Napoli, Milano, Bologna e Roma. Tutti provenienti dal 223° corso della Polizia di Stato, tutti assegnati alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (DCPP), l’organo erede della storica polizia politica italiana.

L’indagine mostra che gli agenti non si limitavano a osservare manifestazioni pubbliche: partecipavano a riunioni private, scrivevano su mailing list, si infiltravano nelle assemblee giovanili, nelle università, nei comitati territoriali. A Bologna, uno di loro urla slogan antifascisti contro Giorgia Meloni il giorno stesso in cui l’inchiesta esce: il giorno dopo scompare. A Roma, il tentativo fallisce per l’occhio allenato degli attivisti. I profili social degli agenti erano reali, ma ripuliti. Le falle, semmai, arrivavano dai profili dei colleghi: le foto delle cerimonie di giuramento bastavano per riconoscerli. Lo Stato era dentro, e non per caso.