3,20 euro, 50 km, pioggia: Portogruaro racconta la gig economy

Un rider rifiuta una consegna indecente e viene disattivato. Non è un errore: è il meccanismo.

Tre euro e venti centesimi per cinquanta chilometri di strada, sotto la pioggia. Il panino era solo un pretesto. L'umiliazione, invece, era reale. A Portogruaro, in provincia di Venezia, un rider ha rifiutato una consegna e si è trovato disattivato. Silenziato dall’algoritmo, escluso dal circuito del lavoro senza spiegazioni né contraddittorio. Non è un caso isolato: è un paradigma.

La scena è già nota. Il calcolo automatico valuta il tragitto, sottostima la distanza, ignora le condizioni meteo. Calcola venti minuti per cinquanta chilometri. Tre euro e venti per la corsa. Il rider rifiuta. Il palmare si spegne. I colleghi si fermano. Sciopero spontaneo. La consegna salta, il problema resta.

Deliveroo, secondo le testimonianze, era la piattaforma coinvolta. Ma è un dettaglio secondario. Il meccanismo è comune. Tutto passa per un algoritmo opaco che governa la vita dei lavoratori con un’autorità che sfugge a ogni responsabilità. La paga promessa non è mai quella reale. La prestazione è vincolata, ma il contratto non lo ammette. Il lavoro è subordinato nei fatti, ma formalmente autonomo. Un paradosso giuridico che regge su una sola cosa: la convenienza.

La paga lorda e la fame netta

La promessa è una: 10 euro lordi l’ora. La realtà ne consegna 4, 3, talvolta 2. Perché il conteggio dell’orario si attiva solo quando il rider è in consegna, non mentre attende l’ordine o si sposta nella zona calda della città. Il resto è tempo invisibile. Non esiste per l’algoritmo, quindi non è retribuito.

A questa paga già misera si sottraggono le spese: benzina, manutenzione, cellulare, abbigliamento. L’Inps, per chi ha la partita Iva. Le tasse, per chi è costretto a inquadrare una precarietà in una finzione imprenditoriale. In media, il guadagno netto si ferma sotto